Osteopatia

Osteopatia: l'utilizzo delle mani per la cura del paziente.

Uno sguardo generale

L’osteopatia, praticata dall’osteopata,  si dimostra efficace per la prevenzione, valutazione ed il trattamento di disturbi che interessano non solo l’apparato neuro-muscolo-scheletrico, ma anche quello viscerale (azioni sulla mobilità degli organi viscerali) attraverso manipolazioni, trattamenti miofasciali, tecniche ad energia muscolare e altro.

I campi di applicazione sono molteplici e in tutti l’unico mezzo utilizzato per la guarigione sono le mani senza alcun tipo di supporto farmacologico.

I campi in cui l’osteopata opera sono i seguenti:

  • mal di testa
  • lavora su organi di naso, gola e orecchio
  • problemi visivi
  • sindrome dell’articolazione temporo-mandibolare
  • malattie infettive, virali e allergeniche (di lieve aiuto per le prime migliorando l’attività immunitaria)
  • malattie viscerali e ghiandolari
  • problemi digestivi
  • problemi renali
  • problemi polmonari
  • problemi renali ed urinari
  • problemi ginecologici, genitali e sessuali
  • artropatie

Cenni storici

L’osteopatia è il primo metodo codificato di manipolazione e nasce nel 1864 quando il medico Andrew Taylor Still ne introdusse i principi convinto che la medicina del suo tempo fosse inefficace. Dopo 10 anni coniò il termine che tutt’oggi noi utilizziamo: “osteopatia”. Nel 1892 Still stesso fondò la prima scuola di osteopatia al mondo: “The American School of Osteopathy”. Essa si trovava nel Missouri e forniva al completamento degli studi un diploma di Dottore in Osteopatia. Still viene quindi considerato il primo osteopata della storia nonché fondatore della materia.

I principi dell’osteopatia

I principi fondamentali che un osteopata deve seguire sono tre:

  • l’autoguarigione
  • la relazione struttura funzione
  • la nozione di unità dinamica del corpo umano

Il principio di autoguarigione: Still afferma che il corpo contiene in sé tutti i mezzi necessari ad eliminare e prevenire le malattie.

Il principio della relazione struttura-funzione: gli ostacoli sono da ricercare nelle strutture corporee, vale a dire nel sistema mio-fascio-scheletrico. Le articolazioni, in particolare quelle intervertebrali, possono, in seguito a traumatismi diretti o indiretti, subire delle modificazioni funzionali all’origine delle turbe patologiche.

Il principio dell’unità del corpo umano: Still parte dalla concezione ippocratica e situa l’unità del corpo umano a livello del sistema mio-fascio-scheletrico. Tale struttura riunisce le varie parti del corpo ed è suscettibile di conservare tracce del traumatismo che subisce, anche se di entità minima. Attraverso questo sistema si attua anche la concatenazione dei disturbi con possibili effetti a distanza.

Disfunzione osteopatica

Una disfunzione osteopatica è riconoscibile solo dall’osteopata professionista poiché a volte un disturbo osteopatico elude test come quello della radiografia, questo perché non per forza è rilevabile in quanto può esserci una disfunzione osteopatica anche senza uno strappo muscolare o una frattura di un osso. La disfunzione osteopatica come primo sintomo va ad inficiare sul movimento, successivamente si estenderà e possibilmente causerà dolore danneggiando gli organi. Si manifesta come uno squilibrio quasi impercettibile che spesso non viene evidenziata dalla maggior parte dei terapeuti. La disfunzione osteopatica viene scovata solamente se si è in grado di leggere a livello delle articolazioni la presenza di blocchi o squilibri, e in questo contesto è fondamentale la figura dell’osteopata.

Diagnostica dell’osteopatia

In conclusione, dopo aver individuato una disfunzione osteopatica, l’osteopata passa alla diagnostica che si articola su tre tempi principali:

  • anamnesi: deve fornire tutte le informazioni relative alla patologia prossima o remota. Se necessario comprende anche esami strutturali.
  • osservazione
  • palpazione: l’esame palpatorio permette di scovare le turbe di mobilità.

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